LA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI (1303-1305)
Sette secoli fa, nell’anno del primo Giubileo (1300), fu posta la prima pietra della Cappella che Enrico Scrovegni, ricco banchiere e uomo d’affari padovano, aveva fatto erigere a completamento del palazzo.Per adornare l’edificio, destinato ad accogliere lui stesso e i suoi discendenti dopo la morte, Enrico chiamò due tra i più grandi artisti del tempo: a Giovanni Pisano commissionò 3 statue d’altare in marmo raffiguranti la Madonna con Bambino tra due diaconi, a Giotto la decorazione pittorica della superficie muraria.Giotto era un artista già celebre: aveva lavorato per il papa nella Basilica di S.Francesco in Assisi e in S.Giovanni in Laterano a Roma, a Padova nella Basilica di S.Antonio e nel Palazzo Comunale (detto “della Ragione”).
A lui venne affidato il compito di raffigurare una sequenza di storie tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento che culminavano nella morte e resurrezione del Figlio di Dio e nel Giudizio Universale, allo scopo di sollecitare chi entrava nella Cappella a rimeditare sul suo sacrificio per la salvezza dell’umanità.Egli immaginò una struttura architettonica in finti marmi dipinti che sorregge la volta dall’aspetto di cielo stellato e i riquadri con le storie della Vergine e di Cristo.L’opera fu ultimata in tempi molto brevi tanto che nel 1305, dopo 2 soli anni di lavoro, la Cappella era tutta decorata e veniva consacrata per la seconda volta.Non si sa nulla, ancora oggi, della storia della Cappella fino all”800, quando rischiò di scomparire per il disinteresse dei nuovi proprietari che avevano lasciato crollare il portico sulla facciata ed il palazzo fatto costruire da Enrico.Questi eventi si rifletterono negativamente sulla Cappella, rimasta senza appoggio e priva di protezione sul lato sinistro e sulla facciata. L’intervento del Comune, che nel frattempo l’aveva acquistato (1881), servì ad impedirne la perdita, ma sia l’edificio che gli affreschi erano già gravemente danneggiati.Furono messi in opera radicali interventi di restauro soprattutto a fine ‘800 e agli inizi degli anni ’60. Ma più recentemente si era venuto a creare un nuovo fenomeno di degrado causato dall’inquinamento, per cui il colore si polverizzava e cadeva.Per capire come interviene, per alcuni anni furono effettuate indagini scientifiche mirate dai cui risultati si potè dedurre cosa fare per rallentare il degrado e, soprattutto, per impedire che in futuro esso subisse di nuovo pericolose accelerazioni.Gli interventi conseguenti ebbero conclusione quando, il 31 maggio 2000, venne attivato il Corpo Tecnologico Attrezzato (CTA), “polmone tecnologico” a protezione del più importante ciclo pittorico di Giotto ed uno dei più importanti di tutti i tempi.Solo dopo averne controllato per un anno il corretto funzionamento di prevenzione ambientale si sono potute iniziare le operazioni di conservazione e di restauro.
IL RESTAURO EFFETTUATO
I criteri seguiti, esposti in occasione della presentazione al pubblico del progetto di restauro il 12 giugno 2001. presso il Museo civico agli Eremitani, sono:
Interventi conservativi d’urgenza nelle zone a massimo rischio
Attenuazione delle disomogeneità cromatiche derivanti da differenti interventi di restauro (Botti e Bertolli fine ‘800, Tintori inizi anni ’60)
Quanto al punto 1. si è proceduto al consolidamento dell’intonaco e della pellicola pittorica ed alla rimozione delle efflorescenze saline, che ottundevano il rilievo plastico delle immagini oltre a mantenere attivo il degrado; per il punto 2. gli aspetti più importanti riguardano, per la loro estensione, le mancanze del colore azzurro di fondo e le stuccature di lacune dell’intonaco dovute a vecchi restauri. Le lacune nell’azzurro vengono “abbassate” cioè fatte arretrare otticamente in modo da non dare fastidio a chi guarda pur senza ripristinare il colore mancante e si cerca di fare assumere alle stuccature un aspetto il più possibile omogeneo, di “intonaco abbassato”, perchè interferiscano al minimo nella lettura dell’immagine.In casi particolarmente significativi (per esempio la finta architettura dipinta che sorregge tutta la decorazione e sostiene riquadri) le lacune vengono reintegrate “a tratteggio”e – come sempre negli interventi sulle lacune – ad acquerello.Nel cantiere, diretto da Giuseppe Basile hanno lavorato restauratori e allievi della scuola di restauro dell’ICR (coordinati da F. Capanna e A. Guglielmi), affiancati, per ciò che riguarda gli interventi di massima urgenza, dalle Ditte di restauro di opere d’arte Conservazione e restauro di Colalucci-Bartoletti, Pinin Brambilla Barcilon, Giantomassi-Zari, Conservazione Beni Culturali, Tecnireco di Fusetti-Virilli.A supporto del cantiere: i laboratori ICR, scientifici (coordinatore M. Marabelli) e di documentazione digitale (coordinatore F. Sacco), il Comitato internazionale di esperti nel restauro di dipinti murali, la Commissione interdisciplinare per il restauro della Cappella, costituita da funzionari tecnici del Comune e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e da esperti universitari e coordinata da Annamaria Spiazzi.
PADOVA
Secondo un’antica leggenda riferita da Tito Livio e da Virgilio, Padova sarebbe stata fondata nel 1184 a.C. da Antenore, eroe Troiano. La nascita della città si deve in realtà far risalire agli Illiri che, dopo aver fondato Ateste (Este), si diffusero in tutto il Veneto. Patavium (questo era il suo nome romano) stipula un accordo commerciale con Roma nel 226 a.C. e nel 49 a.C. Giulio Cesare concede alla città la pienezza del diritto romano iscrivendo i suoi abitanti nella tribù Fabia, diventando in breve un ricco centro agricolo e produttivo. Le grandi strade romane Popilia, Postumia ed Annia collegavano Roma con Padova e con i suoi fiumi navigabili. Decadde nel periodo delle invasioni barbariche e nel 602 fu distrutta dal longobardo Agilulfo.Dal 1138 Padova si diede ordinamenti comunali e partecipò alle guerre contro il Barbarossa, arricchendosi con la lavorazione della e dellaseta. Nel 1222 fu fondata la celebre Universitas Studiorum, tra le prime al mondo, con la particolarità di essere un organismo universitario controllato dagli studenti. Nel 1231 vi morì il predicatore francescano che venne santificato come sant’Antonio da Padova. Dopo la dominazione di Ezzelino da Romano, agli inizi del Trecento Padova riconquistò un ruolo di prestigio nel territorio. Durante il periodo delle signorie, Padova raggiunse il massimo splendore con la signoria di Jacopo da Carrara, ospitando artisti importanti come Giotto. Nel 1405 la città passò sotto il controllo di Venezia, di cui da allora seguì le sorti, mantenendo tuttavia per tutto il secolo una certa preminenza nel campo dell’arte, grazie all’opera di maestri del Rinascimento toscano, fra cui Donatello, e del padovano Mantegna. Lo studio divenne uno dei fattori morali della fama di Padova, conosciuta per i suoi ideali di libertà di pensiero e di parola che attiravano studenti da tutta Europa. La città fu successivamente dominata dai Francesi e dagli Austriaci e infine annessa al Regno d’Italia nel 1866, dopo che la popolazione aveva partecipato attivamente ai moti del 1848, progettati nello storico Caffè Pedrocchi.Padova è oggi una città molto attiva, in continuo sviluppo, attestato dai nuovi moderni quartieri periferici industriali e residenziali. Da tempo il maggior mercato del Veneto e punto obbligato di transito delle linee di traffico con i Paesi dell’Europa centro orientale, è oggi un importante nodo stradale, ferroviario e fluviale. Padova rappresenta insomma uno stupendo compromesso tra una città moderna e unaculla di mille arti.